lunedì 24 giugno 2013

cosa vi aspettavate dalla vita?

cosa vi aspettavate dalla vita quando eravate bambini?

Molto brevemente, e mi auspico anche efficacemente: Il “sottoscritto” si aspettava di sviluppare un potere soprannaturale che permettese in qualche modo di ascriverlo alla cerchia dei super eroi.
“il maestro di ineffabile saggezza” ricercava un qualunque potere, senza disdegnarne alcuna manifestazione e tipologia. Possiamo ulteriormente dettagliare la risposta suddividendo lo stadio “infantile” in tre fasi:
-Ricerca del superpotere tramite razionalità: è la fase che domina fino alla primina, in cui “il maestro di ineffabile saggezza” convince il suo migliore amico di allora, Aldo, a ricercare la fantomatica “crema dell’invisibilità”. Tale ricerca che non ebbe, ahimè! la meritata fortuna, veniva praticata dal sottoscritto e da Aldo durante le ore di scuola, secondo una struttura di analisi e sintesi del processo ideativo che nelle prossime righe mi permetto di riportare a beneficio del volenteroso lettore (e ovviamente, anche della volenterosa lettrice).

“il maestro di ineffabile saggezza”: dovremmo cercare il modo per diventare invisibili. Sicuramente il modo per diventare invisibili è costituito da una crema (sillogismo ancora tutto da verificare).

Aldo: si sicuramente (Aldo era un bimbo suggestionabile,) ma come facciamo?

“il maestro di ineffabile saggezza”: non lo so ma iniziamo a ricercare (mostrando così grande propensione per l’empirismo o per ritornare ad Aristotele “e pure le cose che dovremmo conoscere prima di farle le impariamo facendole”etica nicomachea). 

L’attività di ricerca era costituita dal muovere le mani sopra i propri banchi (senza però toccarli) con movimento rotatorio delle stesse che si mantenevano parallele alla piccola scrivania. 
Come ho già detto, il progetto non ebbe la meritata fortuna.

-Ricevimento del superpotere tramite entità terze: si tratta di una fase nebulosa dello sviluppo del sottoscritto in cui si demanda all’esterno il dono di un potere da super eroi. Molto spesso questo potere assumeva i contorni fumosi e videogiocosi del calcio circolare anche detto “l’elicottero” di Ryu e Ken, i due grandi protagonisti di Street Fighter 2. 
nota al margine: durante questa e le successive fasi, ogni contatto viene perso con l’assistente alla fase precedente, Aldo.

-Ricerca del superpotere tramite oggetti:  è questa la fase più pura e matura della nostra saga. Gli agiografi sono sostanzialmente d’accordo nel farla risalire alla prima media del “sottoscritto”. In questo epilogo il nostro vive una fase di panteismo. Abbandona l’idea che possano essere alieni o mostri i portatori di poteri e abbraccia, invece, la tesi che ci siano oggetti fatati in grado di donare i suddetti poteri a chiunque li utilizzi. Questa terza fase è altresì nota come “la fase della tuta della velocità”. Tale momento è imperniato su una tuta di felpa verda, comprata dalla madre dell’ “eroico” al mercato rionale di Salerno. Possiamo notare qui come nella scelta dell’oggetto magico “il maestro di ineffabile saggezza” non si abbandoni a vani simulacri tipo “vans” o “best company” cui inneggiavano le false publicità e le vuote reclame del periodo. Utilizzando questa tuta, riusciva a fare delle corse nei bagni della sua scuola con ritmi e velocità sbaloriditive e se si concentrava davvero sul suo indumento e sul suo significato durante l’atto poteva godere di un’accelerazione supplementare fornita dalla magicità della tuta medesima. Come se fosse antani!

cosa vi aspettavate dalla vita quando eravate adolescenti?
Da adolescenti cambia tutto. Non ci sono più tute che tengano (soprattutto perché sei cresciuto e quella maledetta tuta è passata a tuo cugino più piccolo: bastardo sarai il più veloce di tutti con la mia tuta!), le cose che interessano sono altre. Fondamentalmente le cose che interessano sono le ragazze, ma a loro non interessano certo i “maestri di innefabile saggezza”: troppo aristocratici e intellettuali. È proprio per questa ragione che il “maestro di ineffabile saggezza” abbandona il suo nome, indissolubile legame con la sua schiatta, e come chi meglio di lui fece abbracciando il peso di una croce si sobbarca del fardello di un nome impuro e tanto altisonante quanto vacuo: d’ora in poi chiamatelo “il temibile figo” o “il sottoscritto tenebroso” o, se avete più di 65 anni, “il bullo”.
La domanda “cosa vi aspettavate dalla vita quando eravate adolescenti?” Va, dunque, riformulata come “cosa ti aspettavi dalla vita quando eri adolescente, temibile figo ?” La risposta potrebbe portare con sè alte vette inesplorate di candida poesia. “Il temibile figo” potrebbe con sguardo dolce sussurrare parole romantiche come “Amore” o altre, ma lui sa che voi sapete, e non c’è più spazio per nascondersi dietro un dito. “La verità” chiedete, ormai, a gran voce, come il viandante che ha appena attraversato il deserto, voi qui ed ora avete bisogno della verità del “temibile figo”. E allora, ecco, la verità: auguratevi solo di saperne reggere il peso e di non pentirvi della vostra curiosità. “cosa si aspettava dunque dalla vita il temibile figo quando aveva 16-17 anni e una ragazza la vedeva solo con il cannocchiale?” <<aspettava di perdere la verginità>>. Punto. Puro e semplice. E se avete avuto pure voi 16-17 anni non avete bisogno di ulteriori spiegazioni e dettagli a riguardo. Il “bullo” avrebbe fatto di tutto per liberarsi di quel fardello, ed infatti di tutto fece (ma questa come si suol dire è un altro concorso). 

In un “attimo” siamo quindi giunti alla terza e terribile domanda: 
cosa vi aspettate ora dalla vita?
Pausa. C’è bisogno di un attimo di riflessione seria a riguardo. In primis, è opportuno passare dalla terza alla prima persona perché in questa domanda di vita ci sono “io”. Non più quello che ero da bambino o quello che avrei voluto essere da ragazzo: per dare, quindi, al discorso l’enfasi necessaria e la sincerità che questa domanda suppone, sono obbligato a riferirmi a me stesso come “io”, niente soprannomi o sovrastrutture, per quanto possibile, ovviamente (non sono poi così presuntuoso).
Quindi la domanda è suscettibile di riformulazione e la nuova domanda è “cosa mi aspetto Io dalla vita?”
A me la prima immagine che viene è quella canzone di de gregori quando dice “lo vedi siamo come cani di fronte al mare”. Io immagino un cane con la lingua di fuori, a cuccia sulle zampe posteriori. Lo immagino sul bagnasciuga. “arf arf arf”. Immagino che è notte, e immagino il “mare nero come il vino” di una poesia in greco di cui ho dimenticato il nome ma non questa locuzione. Ripenso a quel cane, “chissà cosa sta vedendo lui”, una lunga distesa di acqua, di onde nere e lente che si infrangono a pochi metri da lui. Prova a scrutare verso l’orizzonte, ma l’orizzonte è nero come il mare. orizzonte e mare uguali. A me prende la vertigine quando penso a questo cane che non sa dove andare, fascinato dal sale e dalle onde nere e lente.

Se posso continuare con l’analisi, vorrei prima chiarire il senso della domanda di cosa stiamo parlando:
-“cosa voglio dalla vita?”  (ciclo spreanzoso)
-“cosa mi aspetto che, in base ai dati in mio possesso (fondamentalmente, in base al mio passato), possa in futuro accadere?” (ciclo predittivo)
-“cosa mi aspetto dalla mia vita, come quando il padre dice al figlio “mi aspetto che tu faccia i compiti di scuola e che poi vada a giocare con gli altri bamabini”? cioè, più o meno, di cosa la vita è in qualche modo in debito con me? “ (ciclo superomistico o di volontà di potenza)

Sono domande piuttosto grosse, se ci si pensa. Permettetemi, allora, di rispondere con un’ironia, un’iperbole tanto stupida quanto necessaria. 
Una moto. 
Mi aspetto, prima o poi, di comprare una moto. Di avere un casco, un giubbino con le spalle imbottite ed una bella, bellissima moto. Non so ancora se una BMW o una Triumph, a volte credo addirittura una Harley, chissà. Di sicuro, però, sarà una moto incredibile: sarà veloce, addirittura più veloce di me quando infilavo la tuta della velocità. Sotto il mio casco e sulla sua sella sarò invisibile nel traffico e nelle autostrade. E non sarò solo: quando mi metterò a sgasare un po’ di più sui rettilinei o a piegare un po’ più pericolosamente in curva, mi troverò un braccio a cingermi lo stomaco, sarà il suo gesto per dirmi che ha un po’ di paura. Non l’avrò persa con te la verginità e magari nemmeno tu con me, ma sono dettagli, “non è vero, darling?”. 

E poi una cosa solo per me, solo per il me di adesso quello che scrive queste parole e che guiderà quella moto: mi aspetto di sentirmi libero.

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