giovedì 27 giugno 2013

a me gli occhi

I nostri occhi, non sempre dicono la verità. Forse non la dicono mai, principalmente perché i nostri occhi non parlano. Quella che parla è la bocca .
allora aspetta, stai buono qui un attimino che prendo fiato e ricomincio.

I nostri occhi, non sempre vedono la verità. Principalmente, non vedono la verità su noi stessi. i nostri occhi del piffero: che cacchio ce li abbiamo a fare?
Sai, alle volte, io penso che avremmo bisogno di occhiali per guardarci meglio. di occhiali per guardare meglio la verità di noi stessi. e a tal proposito ti volevo proporre un esperimento.
iniziamo così: chiudili proprio questi occhi che è meglio.
pensa.
pensa a quelle giornate grigie, pensa al traffico, pensa a tutti che urlano in ufficio, e tu in mezzo a loro ad urlare, pensa alla pausa pranzo della mensa con quei vapori di cucinato che sembrano pennacchi di smog o di nebbia, pensa al caffè della macchinetta che non sa di niente.
ma, sai, non è poi  mica vero. quel caffè sa di qualcosa. ma fosse insapore, forse sarebbe meglio.
poi pensa a te che pensi a te stesso.
te stesso ingolfato, non importa da cosa. forse il lavoro, forse i figli, forse il mutuo, i tuoi genitori, i genitori di tua moglie, ingolfato dalle tasse, dall'amante, dall'amante di tuo marito. o forse da tutte queste cose insieme, o forse no. può darsi che ad ingolfarti sia semplicemente una digestione lenta, una costipazione, una malinconia al tramonto o ancora mille altre cose che non so. non che abbia poi tutta questa fantasia.
ma rimani qua con me un attimo, "ingolfato". pieno di cose, di nozioni, di treni da prendere, di casini, di donne, di situazioni ambigue, di letti sfatti, di macchine in doppia fila che ti chiudono, di chili di troppo, dolori alla schiena.
rimani solo un attimo qui con te, ancora un altro secondo. appesantito.

e adesso apri gli occhi, guardati.
Guarda le macchie di vitiligine sulle mani o le unghie mangiucchiate o lo smalto screpolato, guarda i vestiti che sono troppo stretti o non sono abbastanza alla moda. fai girare gli occhi sulle scarpe consumate. se vuoi, invece, gli occhi non aprirli e fatti un bel giro sul tuo cranio pelato o sui capelli bisunti o con le doppie punte o con la tinta da rifare che ormai ce li hai bicolore. fatti un giro sulla barba di tre giorni, sui punti neri del viso, tra i denti storti o gialli.
fai come vuoi.
ma adesso finalmente e senza appello stavolta, guardati. come ti senti? con che occhi ti stai guardando? chi sei ora davanti ai tuoi stessi occhi?
riesci a tollerare la tua presenza?

non dirmelo ché l'esperimento non è ancora finito.
Piuttosto, andiamo avanti.

Respira un pò e lascia andare i tuoi occhi pesanti e giudici. Lascia andare il peso. non c'è più. Bianco, nero profondo, grigio di indecisione, pensa ad un colore che ti riporti alla neutralità. Sei tu qui, ancora un pò con me. io e te.
Adesso fammi un favore, guardati con altri occhi. occhi di altri. altri che ti hanno guardato in vita tua. occhi che non siano i tuoi. non occhi "nuovi", con quelli ci hanno già scritto troppe poesie, solo occhi "diversi".
Per esempio guarda alla tua vita con gli occhi di tua madre o di tuo padre. Qugli occhi che sorridono ancora oggi quando fanno da cornice ad una bocca che dice "Sa signora, io sono così fortunata: mio figlio è un famoso dottore". o forse avvocato, o ingegnere o salumiere o filibustiere o finanziere o figlio di puttana. a quegli occhi non interessa. riesci a farli tuoi gli occhi di chi non è interessato a nulla se non te stesso e basta? così come sei e basta. sono gli occhi di una madre.
Sì lo so: "la vita è una merda" e tu non ce l'hai avuta una mamma che ti voleva bene. o sei orfano. oppure tante cose, ma sta di fatto che non ti sei riuscito ad immedesimare più di tanto e il colpo di scena non mi è riuscito.
ma io ho altri conigli nel cappello, non ti credere, sono qui apposta e oggi non ti mollo

Fai così gli occhi non li aprire proprio più, fatti un viaggietto con le palpebre sugli occhi. guido io.

pensa a tua sorella o a tuo fratello. pensa a quando dicevano agli amici nei vicoletti delle strade dove sei cresciuto "smettila di darmi fastidio sennò chiamo a mio fratello grande e ti fa vedere lui" anche una sorella grande fa paura a quell'età, stai tranquillo. oppure, pensa a tua sorella grande che stava di là in camera con le amiche a parlare di fidanzati e a scrivere lunghe lettere con la carta profumata e poi ad un certo punto veniva in camera da te e ti stringeva e ti diceva "ma che bello il mio fratellino". Ti stringeva proprio forte, vero? pensa ai suoi occhi chiusi mentre ti stringeva. chissà cosa guardavano, eh? chissà come guardavano te.
Vedi che il discorso vale anche se avevi un fratello e qui lo voglio fare solo per completezza.

Respira solo un paio di volte, lento lento. pensa a tuo fratello, che ti riempiva di mazzate da piccoli, pensa ai suoi soprusi alle sue piccole angherie. e pensa poi al giorno che ti ha accompagnato all'altare perché papà non c'era più, o più semplicemente pensa a quel giorno che eravate a fare le guide in macchine e tu finalmente tra mille sudori sei riuscito a mettere la quinta e allora sghignazzavi ancora un pò nervoso e lui si è preso un secondo, un attimo piccolo, per guardarti da sotto i suoi baffi ben più folti dei tuoi. che sgaurdo era? ammirazione? rispetto? gioia?
Lo hai mai avuto quello sguardo per te nei tuoi occhi?

e se hai avuto grossi problemi in famiglia e non hai avuto occhi di madre e padre, e fratelli e sorelle erano ciechi o non c'erano...beh, forse hai ragione a lamentarti, perché molte condanne sono solo l'effetto di sentenze emesse in quel nucleo pazzo e maledetto che è la famiglia. ma non lamentarti in eterno, perchè ti faccio fare un altre esperimento.

pensa ancora, lo so che stai facendo un pò fatica stasera qua con me. ti chiedo di chiudere gli occhi, di riaprirli, di pensare. ma tu fallo, tanto guarda che abbiamo quasi finito.
allora pensa a Dio.
pensa a dio e mettici una "d" maiuscola, minuscola come ti pare. pensa a dio che è nei cieli, pensa a Dio che è nel centro della terra, Dio che è dappertutto, il cerchio il cui centro è in ogni luogo e la circonferenza da nessuna parte (e questa è un pò più difficile, eh?). se vuoi pensa alla natura oppure, se ti va, pensa ad una fiamma inestinguibile che tu ti porti nel cuore insieme a tutti gli altri uomini e donne di questo pianeta. Una fiamma che brucia dentro e arde di speranza, una fiamma o anche solo una forza -per carità!- o una parte più pura e immacolata di te stesso, che non cede agli inganni dei tuoi occhi. Che non crede a quello che di brutto tu credi di te stesso. una parte che non si arrende mai. Che ritorna alla carica anche dopo l'ennesima sconfitta. Una parte che è come il tuo cane: fedele, senza un vero perché. Di sicuro non solo perché gli dai da mangiare e lo porti fuori.
Guardati con gli occhi di quella parte che sei tu stesso, guardati con la forza del mare che porti dentro, con l'ardore della fiamma, la furia dell'uragano che continuamente esplode dentro te e che adesso io e te, per semplicità, conveniamo di chiamare dio.
Guardati con gli occhi di chi dentro te non ha mai paura. di chi sa solo ricominciare e mai smettere, di chi vuole tenere la testa alta e fiera tra la gente senza negare a nessuno un sorriso o una carezza.
guardati attraverso quella parte, come puoi non amarti?

Ecco adesso fai come vuoi, apri gli occhi oppure chiudili o incrociali perfino. fai come vuoi, l'esperimento è finito.
Grazie.

come dici, scusa? sì ho capito, ho capito, non ti scaldare. "non credi in dio": lettera minuscola o maiuscola chissenefrega. Uragani o tuoni o lampi...  importa una sega, ho capito.
beh, amico che il viaggio ti sia comunque lieve in questa vita, ma senza conoscere gli occhi di tua madre, dei tuoi fratelli e rifiutando gli occhi di dio mi sa che saranno proprio tutti cazzi tuoi. e non dolci.

1 commento:

  1. E' da tanto che parli di occhi, dai tempi di "occhi giovani" o forse si va più indietro. Guardarsi negli occhi, come davanti al proprio riflesso. Riflettere sembra significare proprio "stare davanti al proprio riflesso", davanti ai propri occhi. Ma questa non è la novità. La novità è trovare gli occhi di un altro (o Altro?) che faccia da ponte, da medium per guardarsi. Ora il significato di riflessione si fa meno freddo e razionale: smette di rimandare al ragionamento. Ma ci hai detto più di questo: lo specchio che ci proponi non è il "tale e quale" perché nemmeno noi siamo sempre tali e quali. Il "tale e quale" è la minima visione di noi stessi. Lo specchio ci fa apparire sotto un'altra luce, una luce di vecchia data che sa illuminarci da quando siamo nati. Riflettere in qualche modo eccede la nostra quotidianità. Io non so se questo specchio che cambia è veritiero: ma so che esiste e questo tuo post ci aiuta a non dimenticarcene. E per chi crede nel "tale e quale"...hai ragione, sono proprio cazzi suoi!

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