lunedì 24 giugno 2013

Il matto di via Verdi 1

-buongiorno, come va? A me tutto bene grazie. Ma non è per parlare della mia salute che sono venuta fino a qua chiaro.
-il mio problema? Il mio problema giusto. Beh, come dire… non è che ci siano poche parole per parlare del mio problema della mia situazione, voglio dire, come si fa?
-è chiaro, no? Come faccio a condensarla in poche parole. È impossibile.
-il principio, il principio vuol sapere? Beh in principio era il verbo e il verbo era dio e il verbo era presso…
-perché fa quella faccia? È ben questo il principio, no? Come non è questo? Ah, ma è il mio di principio che vuol sapere. Il principio di questa condizione che è poi il mio principio giacchè io e questa condizione siamo indissolubilmente legati. Lei ci crede vero? Che io sia una sola cosa con questa condizione, vero? È impossibile andare avanti, altrimenti.
-ma cosa stavo dicendo? Forse mi sono persa. Ma come si fa dico io a non perdersi? Voglio dire così tante parole, così tante azioni, così tanti pensieri. Come si fa a scegliere quelli giusti. A non commettere peccato?
In principio era il verbo. La parola. E quando vennero i pensieri allora? Dopo, certo.
Se io le dicessi che è il pensiero ad essere ancella del linguaggio, lei farebbe lo sforzo di credermi. O mi manderebbe via a calci in culo?

No, non volevo essere maleducata. Però è così, tutto quello che ho detto è vero. E patetico. E patetico perché vero. È  vero perché … già perché? Perché dovrebbe essere vero. Ma cosa m’importa, sa. Alla fine se è vero oppure no, non è affar mio. 

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