La notte dormo e faccio sogni strani.
Sogno di cosce e di uragani.
Di peli e di pozzanghere nere. Della faccia di mia nonna, sovrapposta a quella di mio padre e tutte e due dentro quella di mia madre. Trasfigurate e centrifugate così che i loro lineamenti fondendosi finiscano da assomigliare ad un tonno lesso o ad una maschera africana.
La notte dormo e faccio sogni impossibili.
Sogni di roccia e di alberi alti che crescono verso il centro della terra . Sogni di me che mi alzo in volo. Libero e lento nuoto nell’aria. Capriole.
Sogni di mostri che mi sorprendono alle spalle e mi bucano la pancia. Sogni di guardie e di ladri con il volto del mio professore di ginnastica delle medie.
Sogno di quadri che muovono gli occhi contenti o che fanno una “O” con la bocca dipinta e risucchiano tutta la stanza con dentro la faccia di mia madre dentro quella delle guardie e il tonno lesso che ha la faccia della maschera africana e me stesso che li sto sognando.
La notte se dormo faccio sogni animali.
Sogno la musica, la paura, l’angoscia e l’ansia.
Sogno la penetrazione cruda, irreale o quella oscena e corrotta e tanto indicibile che conviene dimenticarla, svegliarsi al mattino e dire “non ho sognato niente”.
La notte dormo e faccio sogni strani.
Sogno di una donna con la faccia che è un sorso di acqua fresca. Bevo gli zigomi, gli occhi e la bocca corrucciata con una vecchia ferita di herpes. Sogno che parla e più l’ascolto più ancora starei lì ad ascoltarla. Ma quello che si dice nei sogni, quando si è svegli non lo si sente mai e io ignoro cosa mi dice l’acqua che bevo.
Sogno di lei che cammina davanti a me e quando io la chiamo per nome, si volta e sorride chiamandomi con quel mio nome che anche lei finalmente conosce.
Sogni.
Strani.
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